SEQUOIA
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Feltrinelli - p. 96
"Nei singoli uomini non si è verificata la benché minima trasformazione, non è accaduto altro se non che diverse inibizioni sono state spazzate via e che ogni specie di mascalzonate e furfanterie possono essere commesse oggi con un rischio relativamente minore, in ogni senso sia morale che materiale, di quanto non accadeva in passato. Inoltre si parla un po' più di cibo e di denaro." Così Arthur Schnitzler descriveva, nel 1924, la sua epoca, difendendo "Signorina Else" dalle critiche di coloro che la consideravano un'opera appartenente a un mondo "finito e sorpassato". In realtà, la vicenda della giovane donna, ospite della zia nel Grand Hotel di San Martino di Castrozza, che per salvare il padre dalla rovina economica deve mostrarsi nuda a un vecchio conoscente, è quanto mai sintomatica della lotta della dignità umana contro il potere del denaro. Ma soprattutto, in questo monologo-delirio, Schnitzler raggiunge i vertici della sua creazione artistica cadenzando, come in uno degli ultimi quartetti di Beethoven, il progressivo scivolamento dalla disperazione, al sonno, alla morte.
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Da molti è considerato il miglior lavoro di Schnitzler, personalmente l'ho divorato con un grande coinvolgimento emotivo. All'inizio Else, si svolge tutto in un unico monologo interiore, si presenta come frivola e superficiale, ma via via che la storia procede e che in qualche modo le viene chiesto di salvare le sorti della famiglia, la giovane Else appare in tutta la sua fragilità e travaglio. Il conflitto interiore della povera Else è tale per cui qualunque sia la sua scelta questa porterà una catastrofe con sè, la responsabilità (e l'amore per la sua famiglia) è troppo grande per lei, la sola idea di prostituirsi in qualche modo la violenta ancor di più di un atto sessuale vero e proprio, il delirio si impossessa di lei, o per meglio dire, cade in preda ad una violenta crisi isterica fino alla morte. Classico della letteratura di primo novecento da non trascurare.
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